Sindone: tra storia e fede

16 Aprile 2022 0 Di Redazione
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La Sacra Sindone è una reliquia che suscita molto interesse, soprattutto in questo periodo in cui i cristiani ricordano la crocifissione e la resurrezione di Gesù Cristo.

Immagine della Sindone

La Sacra Sindone è un panno di lino cucito a mano, di colore giallo ocra e misura 441 centimetri di lunghezza e 111 di larghezza. Sul panno di lino sono presenti 2 immagini verticali, una frontale e una dorsale, di un uomo maschio adulto, con la barba e i capelli lunghi che, secondo diversi studi corrisponde a Gesù di Nazareth.

Un altro particolare che ha suscitato molto interesse ai religiosi e agli studiosi è l’immagine impressa sul telo forse in maniera miracolosa, poiché la stoffa di lino appare molto antica, l’immagine dell’uomo pare su di essa proiettata in modo inspiegabile e mostra i segni di una vera crocifissione.

Tuttavia altre ipotesi sostengono che la Sindone sia un falso medievale, cioè che si tratti di una reliquia appositamente realizzata in relazione a quanto narrato dal Vangelo di Giovanni a proposito della Passio Christi, secondo cui Ponzio Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare.

Sulla Sindone emergono tratti di una figura con barba e capelli lunghi, sangue sul capo, che dovuto alla corona di spine, alcuni lividi, una ferita al costato, i segni, le piaghe sui polsi e infine ai piedi che sarebbero stati trafitti da lunghi chiodi.

Dipinto su tela di Gianbattista delle Rovere detto “Il Fiammenghino” conservato nella Galleria Sabauda.

Ancora oggi il dibattito sulla validità della Sindone vede due tesi contrapposte. Secondo la prima tesi la reliquia è un falso, opera di un genio tuttavia non si può avvalorare questa ipotesi perché non si è in grado indicare il come e il quando sia stata realizzata. La seconda tesi conferma l’autenticità della Sindone, ma neanche in questa si ha la piena certezza, poiché si è mai riusciti a ricostruire il percorso storico al fine di dimostrare che non sia una reliquia realizzata ad hoc. Ad oggi nessuna delle due ipotesi è stata confermata o smentita.
Anche per questi motivi la Sindone è segno della contraddizione perché rappresenta un mistero ultra millenario, che ha finito per dividere anche l’opinione dei credenti.

Le prime fonti storiche sull’esistenza di questo panno di lino cucito a mano risale al 1353, anno in cui il cavaliere Goffredo di Charny fece costruire una chiesa nella città di Lirey dove custodire il sudario di Gesù. Il vescovo di Troyes, in realtà, considerava falso questo panno di lino al punto di parlare di tavola dipinta. Successivamente Margherita, la figlia di Goffredo, entra in possesso della reliquia con la scusa di metterla a riparo durante la guerra con la Borgogna. La donna venne però punita con una pena gravissima: non solo per aver messo in salvo il telo, ma anche per averlo venduto ai duchi di Savoia. Un comportamento che fu considerato grave al punto di farla scomunicare nel 1457. è cosi che la Sacra Sindone entra in possesso dei Savoia che la costudiranno in una cappella dopo il lasciapassare del Papa fino al 1983. Dal 1578 la reliquia della Sindone è situata a Torino, prima si trovava nella Chiesa di San Lorenzo, poi è stata traslata presso il Duomo di San Giovanni Battista e infine, nel 1694, è stata depositata nella Cappella della Sacra Sindone di Guarino Guarini. Negli anni ’70 vengono organizzati i primi studi scientifici e nel 1983 Re Umberto II la lascia in eredità al Papa. Giovanni Paolo II stabilisce che la Sindone debba rimanere a Torino e nomina l’arcivescovo della città suo custode.

Nel 1997 la Sindone rischiò di essere persa poiché nella Cappella del Guarini si propagò un incendio; provvidenzialmente in quel periodo la cappella era in ristrutturazione, e l’immagine era stata messa al centro del coro del Duomo.

Incendio della Cappella del Guerini, 1997

Oggi esistono alcune copie della Sindone, quella originale rimane conservata e viene esposta in rare occasioni. L’ultima ostensione televisiva della Sindone è avvenuta l’11 aprile del 2020.

                                                                                                     Giorgia Marletta e Martina Vecchio 1F