OLTRE LA NUDA STORIA Nietzsche, Qoélet e il conflitto arabo-israeliano

28 Ottobre 2023 0 Di Nuccio Randone
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L’intenzione di questo mio breve articolo è quella di offrire una prospettiva filosofico-teologica
sull’attuale conflitto arabo-israeliano divenuto sempre più causa di sofferenza e ansia per il mondo
intero. La causa di tale conflitto può essere ricondotta a due idee di matrice fondamentalista:
“l’idolatria della nuda storia” e l’idea secondo cui “il territorio è di proprietà” dell’una o dell’altra
popolazione.
Oggi si pone urgentemente una domanda: di fronte al conflitto in atto, ha ancora senso schierarsi
seguendo alla lettera la “nuda storia”? C’è una via d’uscita dalla “prigionia della storia”?
Nella seconda delle Considerazioni inattuali, Nietzsche scrive: «L’uomo chiese una volta
all’animale: Perché mi guardi soltanto, senza parlarmi della tua felicità? L’animale voleva
rispondere e dire: La ragione di ciò è che dimentico subito quello che volevo dire — ma dimenticò
subito anche questa risposta e tacque: così l’uomo se ne meravigliò. Ma egli si meravigliò anche di
se stesso, di non poter imparare a dimenticare e di essere sempre attaccato al passato. […] Così
l’animale vive in modo non storico … L’uomo, invece, si oppone al peso sempre più grande del
passato: questo l’opprime o lo piega. […] Sia nella più piccola felicità che in quella più grande è
sempre una cosa che fa diventare felicità la felicità: il poter dimenticare».
Nietzsche sostiene che “l’eccesso di storia indebolisce le potenzialità creatici dell’uomo” e
che “l’idolatria del fatto” rende l’uomo un “consumatore di storia”. L’uomo imprigionato dal peso
della storia si riduce a storia, diventa storia senza vita. Per il filosofo, “il fattore oblio” invece è al
servizio della vita in quanto per poter vivere felicemente il presente occorre saper dimenticare il
passato. Per Nietzsche, la storia è infatti inautentica e dannosa quando rende schiavi del passato
indebolendo la fantasia e la creatività dell’uomo. È invece autentica e utile quando si pone al
servizio della vita e dei viventi integrando gli aspetti positivi della storia monumentale, antiquaria e
critica.
Nel libro del Qoélet leggiamo: «Parole di Qoélet, figlio di Davide, re di
Gerusalemme; Vanità delle vanità, dice Qoélet, vanità delle vanità, il tutto è vanità. […] Una
generazione se ne va e un’altra arriva, ma la terra resta sempre la stessa. […] Ciò che è stato è
quello che sarà e ciò che s’è fatto è quello che si farà; niente di nuovo avviene sotto il sole. C’è
forse qualcosa di cui si possa dire: – Ecco questa è una novità – ? Proprio questa è già stata nei
secoli prima di noi. Non c’è più ricordo delle cose passate, come non ci sarà delle cose avvenire
presso coloro che dopo vivranno»(Eccl. 1,1-11).
Troviamo espressa in questo passo dell’Ecclesiaste un’antropologia del profondo, una
visione teologica della storia intesa come discernimento della profondità degli avvenimenti. Contro
ogni visione conservatrice e immutabile della storia, il libro invita a leggere positivamente, ma non
ingenuamente, i suoi mutamenti, ad andare nella profondità del tempo presente e a scorgerne i
“segni dei tempi”, quegli “appelli della storia presente” che invitano l’uomo alla responsabilità “qui

e ora” grazie proprio all’“oblio della storia”: liberati dal peso della storia (Nietzsche) ci prendiamo
cura del tempo presente (Qoèlet).
L’altra causa dell’attuale conflitto arabo-israeliano è l’idea fondamentalista secondo cui la
terra è di “proprietà esclusiva” e quindi “abitabile esclusivamente” dagli ebrei o dagli arabi con la
conseguenza che “l’altro popolo” è visto e percepito sempre e solo come “usurpatore della terra”
nei cui confronti la reazione reciproca è marcatamente xenofoba o addirittura razzista.
Di fronte a queste due idee fondamentaliste bisogna reagire con quella prospettiva
nietzschiana e biblica secondo cui la vita è antistorica, vita è “dimenticare”, andare oltre la “nuda
storia” e scorgere la “ profondità” dei fatti presenti. L’oblio della storia genera la vita presente. Di
fronte alla nuda storia bisogna sempre affermare la vita.
L’altra sfida oggi è quella di “imparare ad abitare in modo nuovo”, riuscire a passare
dall’abitare come “possesso” all’abitare come “soggiornare” (Martin Heidegger)  e dunque abitare
come “stranieri residenti” (il biblico gher toshav).
La terra infatti non è “esclusiva proprietà” né per diritto di sangue, né per diritto di terra, né
perché vi abbiamo lavorato per primi (John Locke), ma siamo tutti “soggiornanti” e “stranieri
residenti” e in quanto tali dobbiamo “imparare ad abitare”, occorre cioè un “nuovo modo di
abitare”: la co-abitazione di due popoli e di due Stati oltre la nuda storia e la polvere della terra.

Prof. Nuccio Randone